Specie aliene

La Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD) - Rio de Janeiro 1992 - costituisce un trattato internazionale che ha come scopo, oltre ovviamente quello di tutelare la diversità biologica, l’uso durevole dei suoi componenti e la ripartizione giusta dei vantaggi derivanti dallo sfruttamento delle risorse genetiche.

Nel 2010 gli Stati aderenti alla Convenzione presentarono un Piano Strategico per proteggere la biodiversità nel decennio successivo (2010-2020), con l’individuazione di 20 obiettivi, nessuno dei quali purtroppo raggiunto nel 2020.

Secondo il rapporto dell’IPBES (Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services) del 2019 tra i principali fattori di perdita di biodiversità si confermano :

•la distruzione degli habitat;

• lo sfruttamento diretto degli organismi;

• i cambiamenti climatici;

•l’inquinamento;

• le specie esotiche invasive.

Le invasioni biologiche  infatti sono considerate come la seconda causa di perdita globale di biodiversità, dopo la distruzione degli habitat.

L’ art.8, relativo alla “Conservazione in situ”, della CBD impegna le parti contraenti, per quanto possibile e opportuno, a vietare di introdurre specie esotiche oppure a controllarle o eradicarle, se minacciano gli ecosistemi, gli habitat o le specie.

Ma quali sono le specie aliene?

Sono specie introdotte, trasportate o immesse dall’uomo, accidentalmente o intenzionalmente, al di fuori del loro areale naturale.

Alcune possono diventare invasive, in grado cioè di diffondersi velocemente, a considerevoli distanze e su vaste aree, causando danni ecologici (ad es. interferendo con la capacità riproduttiva delle specie native, oppure alterando l’habitat modificandone i servizi ecosistemici ) e/o danni economici (si stima un costo di circa 27 milioni di dollari all'anno a livello mondiale) e/o danni alla salute umana (oltre 100 casi conosciuti di specie invasive che hanno effetti sulla salute).

In Italia vige il divieto di introduzione di specie esotiche ( D.P.R. n. 357/1997 ) se non autorizzata dal Ministero dell’ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) per motivate ragioni. Recentemente è stata apportata una modifica al decreto con il D.P.R. n. 102/2019 che, pur ribadendo il generale divieto di introduzione prevede la possibilità di deroga, che deve essere richiesta dalle Regioni e Province Autonome al MASE, con la presentazione di uno studio del rischio che rispetta i criteri individuati nel Decreto del 2 aprile 2020. Quest’ultimo definisce infatti i criteri per l’immissione in natura di specie non autoctone da usare come Agenti di Controllo Biologico (Allegato 2) o per motivazioni diverse dal controllo biologico (Allegato 3).

L’autorizzazione all’immissione in natura è rilasciata dal MASE che si avvale del Sistema Nazionale per la protezione dell’Ambiente (SNPA) costituito da ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e le Agenzie Regionali tra cui ARPAC per esprimere parere .

Questo ruolo determinante assegnato dalla normativa di settore ha reso necessaria quindi, a fronte di richieste del MASE, l'attivazione di un gruppo di esperti di tutte le Agenzie, in grado di fornire tempestivamente il supporto tecnico e le opportune valutazioni sullo studio del rischio al fine di consentire al Consiglio SNPA di esprimere un parere vincolante.

ARPAC con il coordinamento dell’ISPRA, come previsto dalla delibera del consiglio SNPA n. 143/2021, partecipa al Gruppo di lavoro. In particolare, per il territorio della regione Campania, ha supportato finora, la redazione di due valutazioni tecniche in cui sono state esaminate l'opportunità dell'intervento, la realizzabilità, la probabilità di successo e il contributo al miglioramento dello stato di conservazione della specie; inoltre sono stati valutate le motivazioni per cui si richiede l’immissione, i possibili rischi e impatti ambientali, sanitari e socioeconomici, nonche' le eventuali misure di contenimento.

Entrambe le richieste al termine dell’attività istruttoria hanno entrambe avuto come esito finale l’autorizzazione al rilascio dell’agente di controllo biologico.

Nel dettaglio la prima istanza, ha riguardato l’autorizzazione dei lanci di Trissolcus japonicus (Vespa samurai), quale agente di controllo biologico del fitofago Halyomorpha halys (Cimice asiatica), considerato una delle principali minacce a livello mondiale per i sistemi agricoli sia biologici sia integrati.

Halyomorpha halys è un insetto dannoso originario dell’Asia introdotto accidentalmente presente in Italia dal 2012 e segnalato in Campania dal 2018, dove rapidamente è diventato un temibile fitofago capace di distruggere interi raccolti non solo nell’ambito della frutticoltura (pero, melo, pesco, nettarine, ciliegio, kiwi, kaki, nocciolo), ma anche delle colture erbacee (leguminose, pomodori, mais, girasole,peperoni).

Su di esso la lotta chimica è di difficile applicazione, ma ha come “nemico naturale”, con tassi di parassitizzazione delle uova fino all’80% , un piccolo imenottero: Trissolcus japonicus.

Le ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse alle esigenze di tipo ambientale, economico, sociale e culturale per cui si è stata richiesta l’immissione della specie non autoctona hanno riguardato  prevalentemente la necessità di: limitare il più possibile l’espansione demografica di H. halys , i danni economici alle colture e l’incremento dei trattamenti insetticidi di sintesi, prodotti che inevitabilmente hanno un impatto negativo anche su specie autoctone e habitat.

Trissolcus japonicus (Fonte fotoCREA)
Halyomorpha halys (Fonte foto Regione Campania)

La seconda istanza ha interessato l’autorizzazione dei lanci del microimenottero Ganaspis brasiliensis quale agente di controllo biologico dell’insetto Drosophila suzukii (Moscerino dei piccoli frutti), un dittero  originario dell’Asia orientale, le cui prime segnalazioni fuori dal suo areale d’origine risalgono al 2008, con rilevamenti in  Spagna e Italia. In Campania è presente dal 2012 e in pochi anni si è diffusa in tutto il territorio regionale. Il suo potenziale distruttivo risulta elevato a causa della sua capacità di deporre le uova all’interno della frutta in pianta.

La difesa contro il fitofago risulta molto complessa in quanto le uova vengono deposte all’interno dei frutti sani durante le fasi finali della maturazione e le larve svolgono il loro ciclo completamente riparate all’interno della polpa del frutto.

G. brasiliensis è risultato essere il miglior antagonista naturale a causa della sua maggiore specificità nei confronti di D. suzukii .

Le ragioni di rilevante interesse pubblico, connesse alle esigenze di tipo ambientale, economico, sociale e culturale per cui è stata richiesta l’immissione della specie non autoctona hanno riguardato prevalentemente l’impatto ambientale della difesa fitosanitaria ed i danni economici segnalati su drupacee (ciliegio, fragola pesco), su piccoli frutti (fragolina di bosco, lampone, rovo, mirtillo), vigneti ed alcune cultivar di pesco.

Ganaspis brasiliensis (Fonte foto: Fondazione Edmund Mach)
Drosophila suzukii (Fonte foto Regione Campania)

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